Classe 1930, è stato alla fine degli anni '50 e per tutto il decennio successivo uno dei maggiori esponenti dell'alpinismo mondiale, secondo alcuni osservatori inferiore al solo Walter Bonatti. Il suo alpinismo è figlio dell'evoluzione tecnica del secondo dopoguerra, quando hanno fatto la loro prepotente affermazione i chiodi, anche ad espansione, ed i nuovi materiali come le giacche in piumino e le corde in nylon.
Erano nate le ascensioni in "artificiale" che la guida e scrittore francese Roger Frison-Roche definisce: "deformazione del modo di andare in montagna, provocato dal fatto che tutte le cime importanti sono state salite". La strategia diventa così quella dell'assedio himalayano, cioè vere e proprie spedizioni stracariche di attrezzi ed artifici vari. In questo filone Desmaison può vantare l'apertura della via Jean Couzy o "francese" sulla Cima Ovest di Lavaredo (con P. Mazenaud) che costò l'impiego di 350 chiodi, di cui una trentina ad espansione.
Negli anni 60, però, le sfide cambiano di quadro, anche se bisogna ancora annoverarlo tra i partecipanti alla faraonica spedizione del fiore dell'alpinismo transalpino lanciato alla conquista dello Jannu (7710m), oggi chiamato Kumbhakarna, nel massiccio del Kangchenjunga, salita estremamente tecnica nonché resa difficile dalle condizioni ambientali.
Le nuove frontiere diventano le solitarie e le invernali, anche se di per sé non costituivano delle novità concettuali. Partita la sfida al freddo ed al ghiaccio, Desmaison colleziona una serie di prime eccezionali: a partire dal 1960 la parete nord-ovest del monte Olan, la ovest del Petit Dru, il Pilone Centrale del Frêney con Robert Flematty (scalata che diventerà un simbolo per la sua lunghezza, quota ed isolamento), infine nel 1968 il ghiacciaio del Linceul sulle Grandes Jorasses, affrontato prima dell'evoluzione attuale del materiale da ghiaccio.
Nel 1966 il primo "fattaccio" della carriera: Desmaison, Mick Burke, Gary Hamming ed altri traggono in salvo due alpinisti tedeschi bloccati sulla ovest del Petit Dru. I salvatori affrontano grosse difficoltà ampliate dal maltempo, ma raggiungono lo scopo, di fatto umiliando i soccorritori ufficiali, che avevano messo in campo una strategia meno efficace. Un peccato di insubordinazione che costa a Desmaison l'espulsione dalla Compagnie des Guides di Chamonix, con tutto un codazzo di polemiche e pubblici scambi di accuse.
Nel febbraio del 1971 un secondo episodio chiave della sua carriera: partito per aprire una nuova via sullo Sperone Walker delle Grandes Jorasses assieme al giovane Serge Gousseault, incontra grandi difficoltà che ritardano e complicano la salita fino al completo sfinimento del suo compagno di cordata, che muore dopo 11 giorni in parete. Una serie di incomprensioni e di ripicche rallentano in modo abnorme la macchina dei soccorsi. Desmaison non osa abbandonare il compagno e viene salvato quando ormai è allo stremo delle forze: sopravviverà per miracolo. Inutile sottolineare la tempesta di polemiche che ne è seguita.
L'anno successivo, però, Desmaison ha già recuperato tutto il suo vigore e lo prova realizzando in solitaria l'integrale della cresta di Peuterey, la via più lunga delle Alpi. Infine nel gennaio del 1973 onora la memoria del suo compagno deceduto portando a termine l'impresa mancata per soli ottanta metri, questa volta in compagnia di Michel Claret e Giorgio Bertone.
L'ultima battaglia di René Desmaison si è conclusa il 28 settembre 2007 all'ospedale Timone di Marsiglia, dove il grande alpinista si è spento a causa di una grave malattia che lo aveva colpito da tempo. Le sue ceneri, secondo il suo desiderio, sono state disperse sul massiccio del Devoluy, nel dipartimento delle Hautes-Alpes, dove il celebre alpinista ha vissuto nei suoi ultimi anni.