Viaggiare e non partire

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Ritratto di maurizio
maurizio

Il fatto che l'autore eserciti il mestiere di psicoterapeuta è sicuramente un fattore determinante nella genesi di questo volume,che io giudico di grande utilità per tutti: sia che il lettore sia un appassionato viaggiatore, un turista poco "consapevole", oppure un incallito sedentario.

Riflettere sul viaggio e su tutte le sue forme e valenze è un'esperienza che non deve essere sottovalutata: «La parola è vaga, la si usa per esperienze assai diverse: è un viaggio risalire i fiumi del Borneo per stare con i Dayak, è un viaggio andare a Venezia tre giorni, tutto compreso. E' viaggio il cosiddetto safari fotografico in Kenia, il pellegrinaggio, l'andare senza fine di chi non mette radici, nomade per cultura come i gitani o come gli hippy degli anni Sessanta (ma ce ne sono ancora)».
Tutti noi abbiamo dunque un'esperienza personale legata all'idea del viaggio, una conoscenza spesso inconsapevole del perché partire e di che cosa cerchiamo laggiù. Ecco dunque che con un gradevole percorso intellettuale l'autore ci guida a non sottovalutare nulla di ciò che ci è dato di percepire. Aneddoti, citazioni, leggende e brevi interviste ci ricordano che il mondo è fatto sì di paesaggi ed immagini, ma anche di odori, sapori e, perché no, di percezioni non propriamente sensoriali, come l'incontro/scontro con la povertà di certi paesi o le loro differenti etiche.
Il "dove" viaggiare ovviamente apre una serie di capitoli che meriterebbero singolarmente di dilatarsi a monografia. Naturalmente non mancano il mare, i monti (celebre citazione: "la montagna è bella ma scomoda"), gli assi alto-basso (vulcani e grotte), nord-sud. Poi il problema diventa "come" viaggiare: a piedi, in moto, in barca a vela? E con chi? «Viaggiare in gruppo, anche oggi, è necessario a molti per non perdere la propria scorta di pregiudizi». Ma se il vecchio detto "meglio soli che male accompagnati" ha ancora il suo valore, resta il dubbio se in viaggio sia meglio essere soli od in compagnia.
E chi non viaggia per propria scelta? Da Socrate a Lieh Tzu, fino alla storia paradossale (ma non tanto, come si vedrà) di Chance, l'ultimo personaggio interpretato da Peter Sellers nel film Oltre il giardino: anche loro hanno diritto di parola e non si può dire che le loro ragioni siano inconsistenti. Diceva Socrate: «Perché ti meravigli che non ti giovino i viaggi? Tu porti in ogni luogo te stesso; ti incalza cioè sempre lo stesso male che ti ha spinto fuori». La soluzione starebbe nel non avere alcun attaccamento ad un luogo in particolare, così si potrà trovare piacevole anche la terra più "barbara".
Ma questo viaggio intellettuale come finisce? Con il ritorno? «Una sensazione curiosa, il ritorno: eccitazione, paura, desiderio? sembra di dovere dare un senso a ciò che è stato, perché abbia più senso ciò che sarà». Oppure con il viaggio della mente? «Una partecipante a un ritiro di meditazione, appena arrivata da un lungo viaggio in Asia, diceva alla fine dei nove giorni di silenzio e contemplazione: "Questo sì che è stato il viaggio, l'Indonesia era solo distrazione"». Oppure ancora con il fatidico "ultimo viaggio"?
A noi che amiamo la terra e la vita, e che non manchiamo di emozionarci ad ogni viaggio, resteranno impresse le parole che l'autore scrive in testa ed in coda ad un capitolo: «E possa il tuo ritorno sembrare una partenza».