L'Alpe 04 - Donne di montagna

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Ritratto di maurizio
maurizio

In un volumetto inglese anonimo degli anni venti del XIX secolo, un viaggiatore nascosto sotto lo pseudonimo di William Rose scrisse: «Courmayeur è posta in una piccola profonda vallata (...) Ho visto donne occupate a trasportare il lino e a portare immensi carichi sulla testa, disfatte dal gran caldo e dalla fatica».

E' solo un'altra testimonianza, una in più, a sostegno di quanto afferma una delle 12 monografie proposte dall'ultimo numero della rivista L'Alpe, giunta al suo quarto numero semestrale e frutto di un accordo internazionale tra le edizioni Priuli & Verlucca e la francese Glénat.
Oggetto dei vari saggi: il ruolo della donna nella società alpina tradizionale; ed il primo aspetto che è balzato all'occhio dei primi osservatori e poi degli attuali studiosi è l'importanza dell'elemento femminile nella produzione dei mezzi di sostentamento della famiglia. L'emigrazione stagionale degli uomini aveva di fatto delegato alle donne buona parte del lavoro agricolo, quasi la sua intierezza se si osservano quelle comunità dove la stagionalità del lavoro maschile includeva anche il periodo estivo (l'esempio citato è quello dei walser di Alagna Valsesia, ma, come abbiamo visto in apertura, ai piedi del Monte Bianco la situazione ci sembra fosse analoga). Scriveva infatti il poeta valdostano Lucio Duc dipingendo il quadretto "nonna e nipote":

« ...
Une petite main potelée sur son noir tablier
s'arrête confiante: plus s'avance une autre main,
aux veines saillantes, lasse d'avoir trop travaillé,
qui étreint avec amour et caresse lentement, ravie!

Ce sont deux âges de la vie:
l'enfant encore hésite sur les âpres chemins,
alors que l'aïeule n'a plus de force: tari est son sein,
et sa taille courbée par les travaux des champs.
(...) »
(Lucio Duc, La grand-mère et l'enfant, in La montagne inspirée, Aosta 1961)

Erano trascorsi circa 140 anni dalle impressioni di viaggio di quel signore inglese, ma l'animo del poeta del XX secolo disegna con lo stesso tratto melanconico un'identica realtà.

Se molte pagine della rivista ci svelano quello che fu un mondo crudele (il dramma delle balie, le fanciulle usate come bestie da soma ...) altre non sono così drammatiche: il caleidoscopio dell'universo femminile ha trovato anche tra i monti un suo spazio per la moda. Uno studio della scrittrice francese Anne Da Costa ci conduce attraverso l'evoluzione del costume femminile savoiardo che, là come ovunque, ha subìto un'evoluzione nel tempo, ma che già nell'arco della vita di una persona mutava in ragione del suo status e della sua età. Interessante è anche scoprire come vi fosse una stretta corrispondenza tra costume della festa e calendario liturgico e soprattutto è consolante sapere che, secondo l'autrice, buona parte di questo patrimonio di tradizione e fede non si è totalmente disperso, ma rivive con sincera partecipazione in alcune solennità legate al culto mariano.
Infine una nota di attualità proposta da un articolo dell'antropologa sudtirolese Martina Steiner, che ci informa della difficoltà di trovare una moglie per i contadini della sua terra e, contemporaneamente, del faticoso inserimento nella vita familiare e comunitaria di quelle che provengono da paesi lontani, sia diametralmente come le Filippine, sia di area germanica o slava.

Le oltre 70 pagine dedicate alle donne non esauriscono l'offerta della rivista, che prosegue con altre 45 dedicate all'informazione culturale di attualità, sempre naturalmente di ambiente alpino.

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Maurizio Bergamini
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