Leggende del Parco Regionale delle Alpi Apuane

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Le leggende della zona

L’Antro del Corchia

In una località chiamata “Inferno” si aprono molte grotte, una delle quali si chiama "l’antro del Diavolo", perché sul soffitto si trovano due fori che la leggenda dice siano l’impronta delle sue corna.
In un’altra caverna, conosciuta come la “Tana dell’omo Selvatico”, si trova un enorme cavallo “stampato” su una concrezione calcarea con lo sguardo fisso in un punto della grotta. La leggenda dice che chi riesce a identificare il punto esatto in cui il cavallo guarda , troverà un lapislazzulo ed un filone d’oro. Altri invece sostengono che il cavallo sia un animale messo a guardia di un tesoro nascosto e che si svegli appena qualcuno riesce a trovare il prezioso bottino.

Pania della croce

Tra la Pania della Croce e la Pania Secca c'è il profilo di un gigante addormentato. Tutti lo conoscono come "l'uomo morto" ed è facilmente riconoscibile sia dalla Versilia, sia dalla Garfagnana, che dalla valle inferiore del Serchio.
Si racconta, che tanti e tanti anni fa, la Pania della Croce non era unita alla Pania Secca e tra le due vette si stendevano vasti prati dove i pastori conducevano ogni estate i loro greggi a pascolare. In un anno molto lontano, un pastore ed una pastorella si incontrarono su quei prati con le loro pecore e trascorsero molti pomeriggi insieme a fare ghirlande di fiori, a guardare il mare lontano, a confidarsi i loro sogni. Tra i due giovani nacque l'amore, ma sul finir dell'estate, il giovane pastore iniziò a trascorrere sempre più tempo da solo a guardare il mare. Pensava ai bastimenti che solcavano il mare da Pisa, Repubblica Marinara, centro di traffici commerciali e di ricchezza. La fanciulla iniziò a preoccuparsi per lui; gli rivolgeva molte domande e gli prestava ogni genere di attenzione, ma il giovane si manteneva misteriosamente silenzioso.
Un giorno, quando le prime nuvole di fine estate si presentarono minacciose all'orizzonte, annunciando ai pastori che era giunto il momento di scendere e tornare alle proprie case, il giovane pastore chiamò a sé la sua fedele amica e le confidò che desiderava abbandonare le montagne e andare a fare il marinaio per conoscere posti nuovi e gente nuova. Così un giorno partì verso il mare. La giovane pastorella rimase sola sulle aspre montagne senza perdere la speranza, neppure per un momento, di vedere un giorno tornare il suo innamorato sui pascoli montani. Passarono i mesi; l'estate si ripresentò sui pascoli con i suoi fiori, i cieli blu e le vaporose nubi bianche alte come castelli incantati. La pastorella trascorreva lunghe ore a guardare fissa il mare, pregando il Signore che facesse tornare il suo perduto amore. A nessuno rivolgeva la parola, si escludeva dalla compagnia degli altri e in niente riusciva a trovare conforto, se non nel guardare insistentemente il mare. Di lei si era accorto, nel frattempo, un giovane ragazzo che era salito sui pascoli della Pania per la prima volta quell'estate. Era rimasto affascinato dalla bellezza della giovane pastorella che la tristezza aveva reso ancor più attraente. Egli aveva cercato con ogni mezzo di parlare alla ragazza, ma ella fuggiva dalla sua presenza senza rivolgergli una sola parola. Ma un giorno il nuovo pastore gli confidò il sincero e profondo amore che aveva per lei e cercò di capire la ragione della sua tristezza, invitandola a confidargli le sue pene. La pastorella raccontò la storia del suo sfortunato amore e come non potesse ricambiare gli affettuosi gesti e le gentili parole del nuovo pastore che, per tutta dell'estate, aveva cercato con ogni mezzo di aiutarla a dimenticare il passato. Ogni suo sforzo si rivelava inutile; allora un giorno il giovane pastore capì che cosa doveva fare per liberare la pastorella dal tormento del passato. Decise di salire sulla vetta della Pania della Croce e chiedere a Dio che gli venisse suggerito il modo per far dimenticare alla fanciulla il suo amore. Gli fu rivelato che l'unico sistema, sarebbe stato quello di impedire alla pastorella la vista del mare, ma per fare questo egli avrebbe dovuto sacrificarsi, stendendosi a terra e lasciare che il suo volto venisse trasformato in quello di un gigante di pietra che avrebbe unito le due Panie, nascondendo la vista del mare. Il giovane pastore per amore della fanciulla accettò e, da quel giorno, il suo volto fu impresso tra le montagne e venne ricordato da tutti come " l'uomo morto ".

Il Monte Forato e i Folletti di San Pellegrino

Una leggenda racconta che mentre San Pellegrino stava pregando nella selva, spiriti, demoni e folletti lo attaccarono. Egli alzò la sua croce ed essi scapparono nel cielo in direzione del mare creando così un buco nella Pania che da allora venne chiamata Pania Forata.

Le tentazioni del Diavolo

Il diavolo tentava il santo in ogni modo per impedirgli di pregare. Un giorno Satana andò da lui sotto forma di drago, poi diventò una bellissima donna che cercò di sedurlo. Ma il santo non cedette. Così il demonio decise di schiaffeggiarlo personalmente ed il santo cadde a terra tramortito. Ma nonostante ciò non si dette per vinto e schiaffeggiò nuovamente il diavolo così potentemente che Satana attraversò l'intera valle e quando arrivò contro le Panie creò il foro.

La Madonna e il Monte Forato

Quando la Sacra famiglia scappò da Erode, raggiunse la Versilia alla ricerca di un rifugio sulle montagne circostanti. La Madonna con un colpo riuscì ad aprire un buco e a scendere nella valle del Serchio. Quella montagna é oggi il Monte Forato.

Il Monte Procinto

Il Monte Procinto si trova nelle Alpi Apuane meridionali. Si tratta di un enorme torrione di calcare dalla forma bizzarra e dall’aspetto inquietante. Molti botanici vi si recavano per raccogliere specie di fiori che crescono solo sulla cuspide rocciosa come, ad esempio, la radice della Mandragola. Quest’ultima doveva essere estirpata sulla cima del Procinto nelle notti di luna piena. Tutto ciò richiedeva coraggio perché si dice che, quando si tentava di strappare la pianta dalla terra, questa emetteva delle grida talmente insopportabili che, colui che la estirpava, poteva essere vinto dallo spavento e morire all’istante. Ma se, una volta raccolta, veniva ben conservata e ad ogni nuova luna si avvolgeva in un panno di lino bianco e rosso, poteva allontanare i mali dalla casa e guarire le fratture.
Antiche leggende parlano di tesori nascosti nelle grotte che si aprono sui fianchi della montagna. In alcune di esse si dice vi siano sepolti favolosi tesori portati lassù da pirati dopo aver trafugato case e paesi.
Intorno al Procinto ci sono altri torrioni più piccoli, i cui profili ricordano vagamente quelli di volti umani. Essi sono conosciuti da tutti come i “bimbi del Procinto”.